Eppure lei non ha tutti i torti.
Pioggia, vento, freddo e neve. Oppure sole, caldo torrido e afa. Levatacce improponibili negli unici giorni di vacanza, pause pranzo poco pause e poco pranzo, uscite da lavoro dopo giornate infernali. Per andare a sudare oppure a sfidare le temperature più rigide. Comunque, per andare a fare fatica. E senza che nessun medico ce lo prescriva.
A prima vista e così a bruciapelo in effetti sembrerebbero non esserci valide giustificazioni per tentare di spiegare anche solo sommariamente questa forma di (in)consapevole follia.
Ancora ricordo i miei esordi. Ho iniziato a correre in modo più o meno serio da poco più di cinque anni. Volevo arrivare, un giorno, a poter dire “si, è vero, sono pigro, ma una volta ho corso una mezza maratona con le mie gambe”. Quello che doveva essere il mio obiettivo finale diventò invece il mio punto di partenza. Giorno dopo giorno mi resi conto che, contrariamente al pensiero della maggior parte delle persone, fare fatica è bello. Spesso mentre corri ti senti come se dovessi sputare l’anima, ma poi dopo la fatica iniziale ti senti invincibile come un leone. E’ un po’ il contrario della sbornia: mentre bevi sei euforico e ti senti un leone, la mattina dopo…va bè, avete capito!
Comunque, basta anche un piccolissimo livello di preparazione per limitare quella sensazione di fatica che può assalirti quando corri. E a quel punto ti senti sempre un leone e diventa una droga. Una droga sana. Più corri e più vorresti correre. Cominci a dimagrire, ti rimetti in forma, stai bene con te stesso e con gli altri. In una parola, ringiovanisci.
E poi l’ambiente, la compagnia. Potrei fare milioni di esempi concreti, ma mi limiterò a un paio.
– San Vittore Olona (MI), 31 gennaio 2016. Devo correre l’84^edizione della Cinque Mulini, la campestre forse più storica e importante al mondo. Mentre faccio riscaldamento cercando di scaricare la tensione per un appuntamento così importante, vengo fermato da un ragazzo intento pure lui a riscaldarsi: “Ciao Lorenzo, come va?”, come tra vecchi amici. Prima volta che lo vedo. Mi segue costantemente sul mio blog. Il potere della corsa. E di Facebook!
– Gubbio (PG), 21 febbraio 2016. Campionati italiani assoluti di corsa campestre. Stessa dinamica. Sto facendo riscaldamento. E’ stata una settimana molto difficile, una delle più buie della mia vita. Mi trovo in Umbria, distante da casa e un po’ da ogni cosa. Eppure incontro ragazzi da Milano, Treviso, Trieste, Udine, Ascoli Piceno e Palermo. Amici conosciuti grazie alle corse. Compagni di fatica che non vedo da tantissimo tempo. Con tutti mi fermo a parlare. In pochi minuti cominciamo a ridere e a scherzare come se fossimo alla non competitiva della domenica.
Di colpo, finalmente riesco a lasciarmi alle spalle i brutti fantasmi della settimana appena terminata.
La magia della corsa.
Non ci sono rivali, ma solo colleghi e amici con cui confrontarti, in grado di darti consigli preziosi e disinteressati, per alzare ogni volta la tua asticella di qualche centimetro. Per maturare come atleta e come persona. E per vivere esperienze indimenticabili.
“Ma chi ce lo fa fare?”, mi domanda la mia amica mentre siamo a cena la sera del suo compleanno. Ci siamo conosciuti da poco più di un anno, proprio grazie alla corsa. Si è appena regalata il personale sui 10 km. E’ distrutta, ma soddisfatta. Come regalo, io, invece, l’ho iscritta ad un’altra gara.
Le potrei rispondere elencando tutte le ragioni espresse qui sopra, ma il tempo stringe. Urge una risposta veloce e riassuntiva, e mentre le consegno la busta con l’iscrizione alla gara mi esce solamente un
“Ma chi NON ce lo fa fare?“